giovedì 23 maggio 2013

La App Economy e la Italy NoMoney!

Ma perché dobbiamo continuare ad invidiare gli americani? Perché la nostra classe dirigente è così palesemente inferiore a quella di quasi tutti gli altri paesi economicamente rilevanti?
Ma vi rendete conto che in America qualche giorno fa Tim Cook, amministratore delegato della Apple, si è presentato alla sottocommissione permanente di inchiesta del Senato per difendere il colosso di Cupertino dalle accuse di evasione delle tasse in Usa. Come è andata a finire? Semplice, con una proposta al Congresso volta ad alleggerire il sistema fiscale.

Quando una dirigenza imprenditoriale illuminata incontra una dirigenza governativa non cieca e non stupida, la nostra economia muore... ma la loro esplode!

Per intendersi Tim Cook è stato invitato dalla Casa Bianca a sedere al fianco della first lady Michelle Obama in occasione del discorso sullo stato dell'Unione come rappresentante delle aziende americana e nonostante questo la Apple è stata messa sotto inchiesta... ve lo immaginate da noi? Avrebbe già avuto sul libro paga cani e porci!

In breve, dopo aver sciorinato en passant tutti i numeri della App Economy (6 miliardi di dollari di tasse al Tesoro americano nell'anno fiscale 2012, 50.000 dipendenti, indotto di 550.000 posti di lavoro in altre aziende in campi come l'ingegneria, il manifatturiero, la logistica e lo sviluppo di software oltre a 290.000 posti di lavoro creati direttamente e indirettamente), ha ammesso candidamente che "circa il 61% dei ricavi Apple sono arrivati dalle sue attività internazionali. Nell'ultimo trimestre, due terzi circa dei ricavi di gruppo sono stati generati all'estero" e che "i ricavi da operazioni internazionali sono tassate rispettando le leggi dei Paesi dove essi sono guadagnati".

Quindi l'accusa di elusione di tasse su circa 74 miliardi di dollari generati all'estero non sussiste in quanto, oltre ad un comportamento impeccabile e trasparente con i ricavi generati in patria, ha dimostrato di avere fatto quanto previsto dalla legge. Nessuna scappatoia, solo una logica di commercio e di equilibrio per sostenere un mercato dove dirette concorrenti hanno regimi di tassazione inferiori (vedi Samsung!).

Quindi, poiché "le attuali leggi tributarie relative alle aziende americane scoraggiano pesantemente l'uso di tali fondi negli Stati Uniti imponendo un'aliquota del 35% sul rimpatrio" dei profitti stessi generati Oltreoceano, Apple si guarda bene dal rimpatriare un tesoretto da oltre 100 miliardi di dollari di contanti.

Apple chiarisce che "non sposta la sua proprietà intellettuale in paradisi fiscali offshore usandola per vendere prodotti negli Stati Uniti per evitare così le tasse americane". E ancora: "Apple non detiene denaro alle isole dei Caraibi, non ha un conto bancario alle isole Cayman e non trasferisce verso altre giurisdizioni ricavi tassabili [derivanti dalle] vendite ai consumatori americani per evitare la tassazione americana".

Questi sono comportamenti costruttivi! L'Apple ha proposto un'aliquota del 6%...

In Italia? No, noi non abbiamo di questi problemi. Da noi portano direttamente i capitali nostrani nei paradisi fiscali!
La Fiat Finance è in rue Aldringen in Lussemburgo, così come Ferrari, Italcementi, Merloni, Franco Tosi, Pirelli e Marcegaglia.... vogliamo continuare? Oppure basta per rendersi conto di come portare i capitali NOSTRI in un paese che l'Ocse ha qualificato come paradiso fiscale, ha per loro un indubbio vantaggio e per noi una sonora fregatura?
E dei 1,5 milioni di dollari al giorno chi i cinesi di Prato, secondo Banca d'Italia, mandano in Cina che ne diciamo?
Ha già dimenticavo. NOI siamo stati capaci di fare lo Scudo Fiscale per far rientrare in maniera anonima i NOSTRI capitali evasi con una tassazione ridicola, senza sanzioni o almeno mazzate, salvo poi rendersi conto che era poca come tassazione e provare a richiederne altre e come sempre perdere la faccia e la fiducia... siamo guidati da indecenti!
 
 


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