mercoledì 25 aprile 2012

Wildspitze... abbiamo domato la "Punta selvaggia"

Io, Andrea e Fabrizio sulla vetta
Sabato 21 Aprile, verso le 13:00 ero sulla vetta dello Wildspitze, 3.772 m s.l.m, la montagna più alta delle Alpi Retiche orientali, o meglio delle Alpi Venoste (in tedesco Ötztaler Alpen) e la seconda dell'intera Austria.

Per i meno montanari l'Ötztal è famoso per il ritrovamento della mummia nel 1991, il famoso Ötzi, appunto, il pastore del Similaun, considerato il primo essere umano tatuato di cui si abbia conoscenza.
Il ghiacciaio
Pernotto al Gletscher-Landhaus Brunnenkogel  a St. Leonhard im Pitztal, un albergo senza infamia e senza lode, con mezza pensione all'austriaca, alle sette gambe sotto al tavolo. Al nostro arrivo venerdì sera nevica e le nuvole sono basse... La valle non è un granché, chiusa da innumerevoli pareti strapiomabanti con evidenti conoidi di scarico della neve che hanno costretto la realizzazione di diverse gallerie artificiali per non isolare la zona in seguito alle frequenti valanghe. Per il resto quasi tutte attività alberghiere costruite di recente sulla scia della popolarità e del turismo sul ghiacciaio... niente a che spartire con le nostre Dolomiti!
Enrico, la nostra guida
Unica cosa buona che sembra avere questa valle, come ci ricorda Enrico, la nostra Guida Alpina alloctono di Corvara, genovese di natali, sempre prodiga di informazioni e cultura di ogni genere (non a caso è il vicepresidente nazionale... ma io lo voterei anche per ruoli di tipo istituzionale!) , è aver dato gli albori ad uno sciatore come Benny Raich, che ha vinto... tutto e tante volte!
Alla sveglia sabato mattina, Fabrizio, compagno di russata e istruttore volontario del CAI di Udine, uno dei moschettieri che scia meglio, è già in terrazza in mutande a suonare la carica "si è aperto, è bello!".

Colazione e via per una delle prime corse del Gletscherexpress, trenino che da Mittleberg (1.740 m) ci porta sugli impianti del Pitztal Glacier (2.840 m). Sole e neve fresca già dai primi passi ci galvanizzano! Vedo negli occhi di Andrea, altro grande moschettiere di esperienza e grande trascinatore del gruppo, tutta la gioia per quello che ha capito che ci aspetterà.
La salita
Con circa 800 metri di dislivello su terreno facile, nel mondo meraviglioso che rappresenta un ghiacciaio, raggiungiamo la cresta finale (dopo aver sfiorato il congelamento di un paio di dita per scattare qualche foto di troppo!).
La sosta prima della vetta
Corda, ramponi e piccozza! Si raggiunge la cima con un panorama mozzafiato. Sono euforico, non sento nemmeno i quasi 3.800 m di quota che tre anni fa m'hanno fatto abortire la Palla Bianca con i suoi 3.738 metri (beh, iniziavo a vedere il ghiaccio giallo e verde!!!).
Uno spettacolo. Una vista scaccia pensieri rubata in una finestra di bel tempo a interminabili giorni di foschia e precipitazioni (tra l'altro tutti i miei complimenti vanno ai progressi della meteorologia, sono stati in grado di prevederla con esattezza!).
La vista dalla vetta

La meta
La discesa si effettua lungo il percorso di salita, continuando poi nella lunghissima valle fino al parcheggio delle auto, 2.000 m di dislivello nella polvere, 15,6 km con tratti di grande soddisfazione e bellissime firme lasciate sui pendii (ah, non fosse stato per l'affanno e la mancanza di fiato che mi rovinato la sciata!).
Una Weizenbier è la giusta conclusione di una esperienza così bella e di soddisfazione che rimarrà nella mia mente per parecchio tempo.
P.S. Moschettieri, per la prossima gita... allenatevi anche un po' con il calcino!


Uno dei crepacci
Andrea


martedì 10 aprile 2012

Be, have... behave!

Ridendo e scherzando, senza alcuna velleità, la mia mente mi ha messo di fronte ad un aspetto che ho paura faccia parte del mio carattere.
Durante una conversazione in inglese ho avuto difficoltà a trovare il verbo per tradurre "comportarsi"...  quando ormai non serviva più e credevo di essermi già dimenticato di questo dubbio, più precisamente già rilassato a letto, la mia mente se ne esce con un banalissimo "behave"... ma come fai a non ricordarlo! Più facile di così, è la composizione delle due parole più usate in tutte le lingue... essere e avere, to be e to have... ma certo, si sa che l'inglese è concreto, comportarsi cos'è se non un tendere all'essere o all'avere.

Nuda e inesperta come una bambina, la mia mente ha cominciato a filosofeggiare sul legame tra comportarsi, essere ed avere.

Ma certo, dai, pensa a una conversazione. Il tuo comportamento, le tue risposte, saranno sicuramente influenzate da chi e come sei se reagisci spontaneamente, altrettanto si può essere influenzati da quello che si ha o da cosa si vuole ottenere dalla conversazione.

Pensa alla conoscenza, alla cultura fine a se stessa, che ti appaga anche solo a livello mentale, come il piacere di un bel film o dell'ultima pagina di un libro, oppure pensa alla conoscenza come possesso di informazioni, utili per qualsiasi tipo di baratto o forma di marketing di se stessi.

Senza andare su banali diatribe politiche o altrettanto facili buonismi caritatevoli, a me interesserebbe capire come mi comporto, quanto il mio "avere", la mia avidità, la mia ricerca di autorità e ragione, la mia bramosia, il mio amore come oggetto e non come atto di amare influenzino il mio comportamento e mi portino lontano da chi sono, da mio "essere".

Davanti ad un bel fiore, come mi comporto? Sento la necessità di coglierlo per averlo e mostrarlo oppure resto in estatica osservazione per godermi quello spettacolo?

Un amore come lo vivo? In maniera condizionata, con gelosie e senso di possesso, oppure come vero e proprio atto d'amore, lasciando l'altra persona libera di essere e amando quello che è?

Ho letto che la propensione verso l'uno o l'altro dei due comportamenti nasce dentro di noi da neonati in maniera quasi casuale.

Se piangi perché hai fame e la pappa ritarda per futili motivi o piangi perché hai sonno e qualcuno col pretesto di calmarti non la smette di starti addosso, piano piano ti sposti verso l'"avere", verso il desiderare che non viene appagato subito. Nella vita quindi non amerai desiderare a lungo e cercherai di giungere in tempi brevi agli obiettivi e quindi ti coinvolgerai con persone che appagheranno velocemente le tue esigenze. Una volta soddisfatte però cercherai attivamente nuovi possessi, nuovi appagamenti.

Di contro, se la mamma ti porta la pappa quando non hai fame, ti costringe a mangiare, vengono violati i tuoi desideri, ottieni quello che non vuoi. Questo ti porterà ad amare il desiderare più che l'ottenere ed a raggiungere i tuoi obiettivi in tempi più lunghi. Quindi ti coinvolgerai con persone che non appagheranno le tue esigenze, e se verranno soddisfatte cercherai nuove fonti di desiderio in maniera passiva, lasciando che gli altri guidino il gioco per aumentare il desiderio il più possibile.
Ho paura a darmi una risposta anche se so benissimo verso cosa sono più orientato.


Spero davvero sia solo filosofia o psicologia spicciola, un esercizio quasi come la lettura di un oroscopo... perché guardarsi indietro fa male, avanti sempre peggio... non può essere tutto racchiuso in questi schemi, anche se ci guardi dentro e ti ci rivedi... è pura ipocondria...

Io lo so già che esiste qualcosa che mi riempie, che non mi fa sentire incompleto, che fa perdere di significato allla predominanza di desiderio o possesso... tutto sta nel riconoscerlo e nell'accettarlo.

Comunque domani faccio quattro urli alla mia mamma... tutta colpa sua!