domenica 31 ottobre 2010

CRISTINA NUÑEZ e l'autoritratto

Il The Private Space Gallery di Barcellona (http://www.theprivatespacebcn.com/home) dal 04/11 al 25/11/10 espone Cristina Nuñez con i suo lavoro Higher Self (sé superiore), un Self-Portrait Workshop.
Autoritratti? Io conoscevo la fotografa, ma, a quanto pare, per un aspetto marginale del suo lavoro, quando insegnò ai tossicodipendenti ed ai detenuti del carcere di San Vittore a Milano a fare fotografie. Un esperimento curioso, mettere in mano a queste persone, che in alcuni casi non sanno ne leggere ne scrivere, uno strumento di comunicazione e di espressione così efficace, aiutarli a stare meglio con l’arte fotografica.
Scopro solo adesso che la Nuñez, nata a Figueres ma italiana di adozione, è autoritrattista da 20 anni e insegna autoritratto fotografico come metodo per incentivare la creatività a Forma, Domus Academy, Accademia di Belle Arti di Bologna e presso la Scuola Steiner di Milano. Nel 2007 ha pure fondato con Davide Catullo Selfportrait Performance, un progetto di formazione aziendale con l'uso dell'autoritratto.
Ma perché questa attenzione verso l’autoritratto? Semplice, per l’artista è una terapia. Il self-portrait permette di scandagliare aspetti di noi stessi che non conoscevamo.
"Ogni autoritratto, al di là dello sguardo sulla propria interiorità, è sempre una sorta di performance. È assolutamente impossibile costruire la propria immagine in modo inconscio. Il nostro agire o recitare è mediato senz'altro da quello che noi vogliamo che gli altri vedano di noi. Nonostante questo esiste uno spazio, un rapporto tra sé e sé che rimane, a mio avviso, indipendente dallo sguardo dell'altro e che racchiude un intenso dialogo interiore di percezione, pensiero, giudizio e accettazione. Un processo meraviglioso che non ha bisogno di parole, perché l'opera contiene tutto e non ha bisogno di essere tradotta per colpire nel segno." (*)
Non fa una piega e nell’era di Internet e dei social network queste autorappresentazioni, queste performance, pullulano. Infatti l’artista:
"Perché il processo sia completo, però, è necessario (anzi, direi imprescindibile) poterlo comunicare agli altri. L'artista è in un certo senso separato dal mondo - perché in costante lavoro introspettivo - e questo è spesso causa di disagio esistenziale. Nel momento in cui l'opera può essere intimamente condivisa da un pubblico, esiste per lui la possibilità di liberarsi dai confini dell'io: e come nello Zen, diventare tutt'uno col cosmo." (*)
Però non è sempre così, non tutti sono inclini agli sguardi e all’obiettivo. La Nuñez spiega:
"Sono moltissime le persone che temono l'obiettivo. Nella maggior parte dei casi si tratta, a mio giudizio, di un rapporto difficile con la propria immagine, determinato dalla differenza tra la nostra immagine interna (che rimane più o meno ferma all'adolescenza o alla giovinezza) e quella esterna che ci mostra lo specchio. Dice Barthes che la fotografia non rappresenta né riflette la realtà, ma le dà significato. Noi non siamo il nostro autoritratto, siamo molto di più.
Dunque l'autoscatto può diventare uno splendido strumento per unire immagine interna ed esterna, trovare la propria essenza anche attraverso il nostro corpo e il nostro volto attuali." (*)
Semplicemente meravigliosa questa filosofia con cui confrontarsi, questa nuova sfida, questo viaggio dentro se stessi, alla scoperta delle proprie emozioni, radici e relazioni e, in definitiva, del proprio posto nel mondo.
Il suo metodo, rintracciabile sul sito Self-portrait experience, dove ci si può anche inscrivere al Self-portrait blog, è strutturato in tre parti: Me stesso (Myself), esercizio che prevede che il soggetto realizzi ritratti che esprimano le proprie emozioni, competenze, identità potenziali, ma anche il corpo fisico, i posti e le persone significative della propria vita; Me e gli altri (Myself and the others) che consiste nell'autorappresentarsi insieme ai familiari, agli amici, ai colleghi di lavoro; Me e il mondo (Myself and the world) che consiste invece nell'autorappresentarsi con i membri del proprio gruppo, della propria comunità, ma anche con le persone sconosciute o di altri gruppi e comunità.
A voi la curiosità dell’approfondimento.
Una domanda. Siete ancora sicuri dell’efficacia rappresentativa della vostra miniatura su Facebook?

(*) Intervista a Cristina Nuñez, L’autoritratto fotografico come autoterapia, pubblicato da Emanuela Zerbinatti per Blogosfere.

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