lunedì 7 gennaio 2013

Walter Bonatti e la vera etica


«... in un mondo che attualmente sembra sempre più disposto a premiare i furbastri e gli imbroglioni, nonché a darla vinta ai ladri e ai corrotti, è difficile far passare virtù come l'onestà, la coerenza, la responsabilità, l'impegno e gli slanci disinteressati dell'animo. Tutti sappiamo che il vero malato di base, infetto e contagioso, oggi è lo Stato – il nostro per lo meno – con le sue delegittimante e svilite istituzioni, con i suoi confusi e troppo spesso scandalosi intrecci di potere e di interesse personale. Ne consegue che la società, così compromessa negli effetti del malgoverno, così coinvolta fino ad affogare nel riflesso delle proprie e altrui debolezze, giunge a stravolgere o a ignorare i più elementari valori.»

Questo scrive Bonatti in Montagne di una vita [1], nel 1995, ben 18 anni fa. Da allora le cose non sono poi così cambiate e certo non sono migliorate.

 
Lo so. Per quasi tutti Walter è un monumento alla sfida, uno scalatore, forse il più grande di tutti i tempi, un uomo grazie al quale è stato conquistato il K2, ma in questi mesi, in cui, da appassionato di montagna, ne ho approfondito la vita, le esperienze e i difetti, mi sono reso conto che la mia più grande ammirazione per lui non sta nelle singole imprese bensì nella sua eccellenza etica, granitica come la roccia, senza compromessi, capace di esprimere grandi valori umani, capace di portare rispetto all'alpinismo, rendendolo come espressione di fantasia, idealità e bisogno di conoscenza, sopratutto del proprio intimo.

Già il K2! La sua più grande battaglia culturale, una lezione civile, per ripristinare una verità storica:

Componenti della spedizione al campo base. Al centro Ardito Desio.
“... nel 1954 partecipa alla spedizione italiana capitanata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2; con i suoi 23 anni è il più giovane della spedizione. Il giorno prima che Lacedelli e Compagnoni raggiungano la vetta, Walter Bonatti scende dall'ottavo campo verso il settimo per recuperare le bombole d'ossigeno lasciate lì la sera prima da altri compagni. Con questo carico sulle spalle, insieme ad Amir Mahdi, risale fino all'ottavo campo e di lì, dopo una pausa ristoratrice, fino al luogo in cui Compagnoni e Lacedelli avrebbero dovuto allestire il nono campo. I due però, soprattutto per scelta di Compagnoni, non allestiscono il campo dov'era stato previsto la sera prima di comune accordo con Bonatti, ma lo fissano circa 250 metri di dislivello più in alto. Bonatti e Mahdi riescono ad arrivare nei pressi del luogo concordato poco prima del tramonto, ma non vengono aiutati da Compagnoni e Lacedelli, che invece d'indicar loro la strada per la tenda si limitano a suggerire da lontano di lasciare l'ossigeno e tornare indietro; cosa impossibile, visto il buio che incombe, l'enorme sforzo che già hanno sostenuto i due dalle prime ore del giorno, e vista soprattutto l'inesperienza di Mahdi a quelle quote e su quei terreni. Il calare delle tenebre rende a Bonatti e Mahdi impossibile individuare la tenda dei due di testa; si ritrovano così soli a dover affrontare una notte all'addiaccio nella "zona della morte" con temperature stimate intorno ai -50 °C, senza tenda, sacco a pelo o altro mezzo per potersi riparare. Solo alle prime luci dell'alba del giorno successivo i due possono muoversi e ritornare verso il campo 8, dove giungono in mattinata; Mahdi riporta seri congelamenti alle mani ed ai piedi, ed in seguito subisce l'amputazione di alcune dita.”[2]
Compagnoni in vetta con la maschera
dell'erogatore dell'ossigeno
La via seguita per la prima scalata dalla
spedizione italiana del 1954 con gli ultimi campi.
La versione ufficiale del capo spedizione, a cui Walter è costretto a sottostare per contratto, è quella del raggiungimento della vetta da parte degli italiani senza l'uso di ossigeno, esaurito a 200 m dalla vetta dato che Bonatti lo avrebbe utilizzato egoisticamente per la propria sopravvivenza o per provare a salire lui stesso la vetta con Mahdi, in barba agli ordini di spedizione... peccato che solo Compagnoni avesse l'erogatore per poter respirare dalle bombole e nelle foto di vetta si vedano i segni lasciati sul suo volto dall'erogatore e il fardello delle bombole che i due si sarebbero trasportati vuoti fino alla vetta (18 kg a 8600 metri trasportati anche se non utilizzabili?).

Foto scattata in vetta da Compagnoni
Non vi sembra la tipica cosa all'italiana? In quel periodo storico, abbastanza buio, si cercava di restituire dignità all'Italia, di risvegliare un orgoglio italiano.

Benissimo, e cosa meglio del raggiungimento, per la prima volta nella storia, della vetta del K2, la seconda cima più alta del mondo, attraverso lo Sperone degli Abruzzi, già esplorato nel 1909 da un altro grande alpinista italiano, Luigi Amedeo duca degli Abruzzi.

Ma ecco che emergono tutti i limiti dell'italianità, dei furbetti avvezzi  all'imbroglio. Aggiungono un “senza l'ausilio dell'ossigeno” per rendere ancora più memorabile l'impresa.

Dopo processi, articoli, libri finalmente la verità è stata acclamata nel 2008, 53 anni dopo, con la correzione della versione così come raccontata e vissuta da Bonatti.

Abbiamo proprio fatto una bella figura, bravi!

«La montagna mi ha insegnato a non barare, a esser onesto con me stesso e con quello che facevo. Se praticata in un certo modo è una scuola indubbiamente dura, a volte anche crudele, però sincera come non accade sempre nel quotidiano. Se io dunque traspongo questi principi nel mondo degli uomini, mi troverò immediatamente considerato un fesso? È davvero difficile conciliare queste diversità. Da qui l'importanza di fortificare l'anima, di scegliere cosa si vuole essere. E, una volta scelta una direzione, di essere talmente forti da non soccombere alla tentazione di imboccare l'altra?»

Riusciremo mai noi italiani a essere migliori, a perseguire qualche ideale, a mettere da parte invidia ed egoismi? Peccato che la scuola della montagna non è alla portata di tutti, come non lo è quella del mare o della terra, altrettanto dure.

Io non ho ancora capito se la società è lo specchio di chi la governa o viceversa, so solo che se guardiamo i nostri ultimi vent'anni c'è da vergognarsi, poi si meravigliano se non crediamo più nella politica e se i nostri sforzi sono tutti tesi alla sopravvivenza sociale, a essere più furbi dello Stato e di chi ci circonda... il sentimento che, secondo me, accomuna un po' tutti è quello della guerra, siamo in guerra, far tornare i conti è una guerra, pagare meno tasse è una guerra, ottenere scorciatoie è una guerra, tirare su un figlio è una guerra.
Italian Way of Life, Fifo: La più italiana delle virtù

Verrebbe voglia di fare una rivoluzione, ma il problema è contro chi? Certo, contro lo Stato e la politica che ci stanno sempre più affossando, incapace di capire che sta fallendo in tutti i sensi e che dovrebbe iniziare a gestirsi come una società privata che cerca di rimediare al default.

Ma non basta! La rivoluzione andrebbe fatta tutti contro tutti, contro la nostra mentalità, la nostra educazione e la nostra storia, contro tutte le scuse e giustificazioni che ci diamo quando scendiamo nella guerra quotidiana.

In sostanza è impossibile! Non resta altro che sforzarsi di non fare il loro gioco, di provare ognuno per se ad essere migliori e diversi, di continuare a indignarsi contro i furbetti, di continuare a scandalizzarsi per quello che via via sembra sempre più normale, di insegnare ai nostri figli l'importanza di certi valori, anche se, come dice Bonatti, sembreremo dei fessi!

Chiudo questo sfogo con un ricordo di Walter, esempio di etica senza ombre, un solitario escluso dalla società che rappresentava il suo mondo solo perché diverso e poco incline ai compromessi.
La parete nord del Cervino affrontata in solitaria invernale

Inverno 1965, l'ultima scalata impossibile, nel centenario della prima ascensione, la terribile nord del Cervino, a soli 35 anni, impresa che gli è valsa la medaglia d'oro al valore civile dal presidente Saragat.


Ore 15:00 del 22/02/1965: Walter Bonatti in vetta al Cervino

Un uomo solo, piccolo, incorniciato dall'immensità delle montagne. Una croce accanto a lui, simbolo della sofferenza patita per arrivare fin lassù, simbolo della libertà che quell'impresa regala a lui.

Assolutamente da vedere la puntata di Sfide andata in onda su Rai3 il 22 Ottobre 2012: "Walter Bonatti, Al di là delle nuvole"



[1] Montagne di una vita di Walter Bonatti, Baldini Castoldi Dalai editore, 1995, 335 p
[2] Wikipedia