giovedì 11 novembre 2010

PENSIERI SULLO SPOT DELLA "DOLCE MORTE"

“La vita è questione di scelte… Ho scelto di sposare Tina, di avere due bellissimi figli … Quello che non ho scelto è di essere un malato terminale. Non ho scelto di morire di fame perché mangiare è come ingoiare lamette per la barba e certamente non ho scelto di vedere la mia famiglia vivere tutto questo con me. Ho fatto la mia scelta finale. Ho solo bisogno che il governo mi ascolti.”
Questo il testo dello spot per l’eutanasia realizzato dal gruppo “The Works” di Sidney per l’Associazione Exit international e proposto alle televisioni di Australia e Canada. In Australia, l’autorità che vigila sulle televisioni (la Free TV Australia’s commercial Advice) ha nelle scorse settimane bloccato la messa in onda del video.
La versione italiana, curata dall’Associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale Nonviolento, transnazionale e transpartito, sarà trasmessa da Telelombardia, prima televisione in Italia, anche se la messa in onda è subordinata al parere dell’Authority per le telecomunicazioni.
La mia intenzione non è quella di affrontare il tema dell’eutanasia, forse non ne sarei in grado e, più che un post, servirebbero un paio di tomi, ma lo spot in se per se.
Il Codice penale sanziona con chiarezza l’«omicidio del consenziente», la fattispecie sotto la quale ricadono eutanasia e suicidio assistito. Permettere che si pubblicizzi un reato attraverso i mezzi di comunicazione dovrebbe essere inammissibile ed è quindi lecito attendersi che l’Autorità garante delle comunicazioni non dia il via libera alla messe in onda. Occorre anche precisare che nello spot si chiede ascolto al Governo, ma sarebbe più giusto riferirsi al Parlamento, vista la trasversalità di opinione dimostrata dalla politica su questo argomento.
Ma lo scopo dello spot è proprio quello di cambiare le regole, quello di renderci padroni di poter fare una scelta del genere (ovviamente se in quella situazione, nel pieno delle proprie facoltà mentali, se ne è capaci), quello che non sia lo Stato o il Vaticano ad imporcela (a noi ed alla nostra famiglia). Non invita a praticare di nascosto l’eutanasia, a compiere un reato: lancia una campagna pubblica per cambiare una legge. Si rischia di confondere il divieto all’azione (l’eutanasia) con il divieto a chiedere una modifica legislativa che renda legale l’azione.
Sono anche dell’opinione che con uno spot del genere sia controproducente, tende a sostituire l’emotività al ragionamento, immagini forti come “ingoiare lamette per la barba” non aiutano un dibattito così delicato. E poi insomma questi temi richiederebbero “una trattazione che non sia affidata a una forma che è quasi come la pubblicità di un prodotto qualsiasi” (Cit. Monsignor Gianfranco Ravasi).
E’ intervenuto sull’argomento anche Umberto Veronesi, che ha dichiarato che ormai l’eutanasia è un argomento che non si può più ignorare, “è un problema dibattuto e su cui non si possono avere posizioni definitive. Ma non si può ignorare che quello che hanno già fatto Olanda, Belgio e Lussemburgo, o Germania e Scandinavia dove è stata depenalizzata, cosa che sta per accadere anche in Spagna”.
Non si può neanche ignorare e tollerare che, come ha aggiunto sempre Veronesi a margine di un seminario, "succede che i pazienti la chiedono e spesso viene praticata in modo sotterraneo e nascosto perché la legge la vieta".
Il rapporto Eurispes 2010 evidenzia come il 67% degli italiani sia favorevole all’eutanasia.
Forse è l’ora che ci si rifletta davvero su questo argomento e che ognuno faccia i conti con la propria coscienza e la propria etica, magari a mente fredda, dopo che casi come quello di Welby si sono sedimentati e lontano da bombardamenti mediatici.

1 commento:

  1. Ciao Michele
    Può interessarti questa iniziativa per blogger
    http://www.euroffice.it/_pages/cms_cp430.aspx ?
    Si tratta dis crivere un breve racconto sulla vita (pazza) in ufficio!
    Buon we

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