martedì 9 novembre 2010

LO SPLENDORE DEI DISCORSI, GIUSEPPE ALOE

In seconda di copertina si legge “In questo noir atipico, romanzo-monologo a orologeria, Giuseppe Aloe, con scrittura raffinata e potente, dà voce a un personaggio inedito che lascia turbati. Per il senso contemplativo e oscuro del mondo, per lo splendore-terrore dei suoi discorsi”. Nessuna presentazione sarebbe più calzante.
Il romanzo si apre con quello che sembra un elogio, più che allo splendore dei discorsi, alla superficialità, all’eccessivo desiderio di attuare una propria perfetta immagine, concetto comunemente racchiuso nel termine vanità. Questo desiderio, questa smania è coma una miccia che accende ira e crudeltà.
Le persone normali cercano di controllare questi eccessi, li custodiscono nel proprio io, ma restano come tizzoni sotto una coltre di cenere, come smanie soffocate da una normalità apparente. Si diviene criminali non per brama di potere, per denaro o per erotismo, ma per lo sfogo di queste smanie. Il resto semmai non è altro che una conseguenza.
Queste riflessioni danno ad Aloe la scusa per sviluppare, su una trama narrativa, oserei dire, di flebile tessitura e surreale, una meditazione sulla vita, sul male e soprattutto sul destino.
L’ingegnere, protagonista del romanzo, che si divide tra lavoro e una famiglia come tante, “tendenzialmente infelice”, con rapporti di “misurata crudeltà” capaci di scoppiare in improvvise armonie in grado di riempire l’esistenza e il cuore, si trova a essere protagonista di un male ritenuto intollerabile ed ingiusto sopra ogni possibilità di intendere, la morte di una figlia in un banale incidente sull’altalena.
Questo dramma spazza via tutto, scatena sofferenza e rancore, sposta il protagonista su un altro piano di osservazione della vita, quello di chi è in debito con il male, lo rende disponibile alla violenza come risposta a quel male insensato, senza più alcun tipo di pietà. Avvicinato da un’organizzazione criminale, diventa sicario, il migliore, senza nulla da perdere e armato di tutta la disperazione possibile.
Sullo sfondo dei numerosi delitti, l’ingegnere ed Aloe approfondiscono il pensiero filosofico e le riflessioni sul mondo, con riferimenti espliciti a Kafka. Ma arriva il colpo di scena che, come in ogni buon romanzo, lascia di stucco il lettore. In questo caso lo stupore è sincero, il colpo di scena non è quello tipico di una narrazione di un noir, ma è a livello filosofico.
L’ingegnere conoscerà un'anziana donna e un sosia di Kafka che gli faranno capire il senso della vita, gli faranno scoprire lo “splendore” dei discorsi e della vita anche nei suoi aspetti meno eccezionali.
A me è piaciuto, anche se non avrei mai pensato di leggere un libro dedicato alla fragilità dell’esistenza umana “mascherato” da noir.

Giulio Perrone Editore S.r.l., 2010, 251 p, € 15,00

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