Questo
scrive Bonatti in Montagne di una vita [1],
nel 1995, ben 18 anni fa. Da allora le cose non sono poi così cambiate e certo
non sono migliorate.
Lo
so. Per quasi tutti Walter è un monumento alla sfida, uno scalatore, forse il
più grande di tutti i tempi, un uomo grazie al quale è stato conquistato il K2,
ma in questi mesi, in cui, da appassionato di montagna, ne ho approfondito la
vita, le esperienze e i difetti, mi sono reso conto che la mia più grande
ammirazione per lui non sta nelle singole imprese bensì nella sua eccellenza
etica, granitica come la roccia, senza compromessi, capace di esprimere grandi
valori umani, capace di portare rispetto all'alpinismo, rendendolo come
espressione di fantasia, idealità e bisogno di conoscenza, sopratutto del
proprio intimo.
Già
il K2! La sua più grande battaglia culturale, una lezione civile, per
ripristinare una verità storica:
Componenti della spedizione al campo base. Al centro Ardito Desio. |
Compagnoni in vetta con la maschera dell'erogatore dell'ossigeno |
La via seguita per la prima scalata dalla spedizione italiana del 1954 con gli ultimi campi. |
Foto scattata in vetta da Compagnoni |
Benissimo,
e cosa meglio del raggiungimento, per la prima volta nella storia, della vetta
del K2, la seconda cima più alta del mondo, attraverso lo Sperone degli
Abruzzi, già esplorato nel 1909 da un altro grande alpinista italiano, Luigi
Amedeo duca degli Abruzzi.
Ma ecco
che emergono tutti i limiti dell'italianità, dei furbetti avvezzi all'imbroglio. Aggiungono un “senza l'ausilio
dell'ossigeno” per rendere ancora più memorabile l'impresa.
Dopo
processi, articoli, libri finalmente la verità è stata acclamata nel 2008, 53
anni dopo, con la correzione della versione così come raccontata e vissuta da
Bonatti.
Abbiamo
proprio fatto una bella figura, bravi!
«La
montagna mi ha insegnato a non barare, a esser onesto con me stesso e con
quello che facevo. Se praticata in un certo modo è una scuola indubbiamente
dura, a volte anche crudele, però sincera come non accade sempre nel
quotidiano. Se io dunque traspongo questi principi nel mondo degli uomini, mi
troverò immediatamente considerato un fesso? È davvero difficile conciliare
queste diversità. Da qui l'importanza di fortificare l'anima, di scegliere cosa
si vuole essere. E, una volta scelta una direzione, di essere talmente forti da
non soccombere alla tentazione di imboccare l'altra?»
Riusciremo
mai noi italiani a essere migliori, a perseguire qualche ideale, a mettere da
parte invidia ed egoismi? Peccato che la scuola della montagna non è alla
portata di tutti, come non lo è quella del mare o della terra, altrettanto
dure.
Io
non ho ancora capito se la società è lo specchio di chi la governa o viceversa,
so solo che se guardiamo i nostri ultimi vent'anni c'è da vergognarsi, poi si
meravigliano se non crediamo più nella politica e se i nostri sforzi sono tutti
tesi alla sopravvivenza sociale, a essere più furbi dello Stato e di chi ci
circonda... il sentimento che, secondo me, accomuna un po' tutti è quello della
guerra, siamo in guerra, far tornare i conti è una guerra, pagare meno tasse è
una guerra, ottenere scorciatoie è una guerra, tirare su un figlio è una
guerra.
Italian Way of Life, Fifo: La più italiana delle virtù |
Verrebbe
voglia di fare una rivoluzione, ma il problema è contro chi? Certo, contro lo
Stato e la politica che ci stanno sempre più affossando, incapace di capire che
sta fallendo in tutti i sensi e che dovrebbe iniziare a gestirsi come una
società privata che cerca di rimediare al default.
Ma
non basta! La rivoluzione andrebbe fatta tutti contro tutti, contro la nostra
mentalità, la nostra educazione e la nostra storia, contro tutte le scuse e
giustificazioni che ci diamo quando scendiamo nella guerra quotidiana.
In
sostanza è impossibile! Non resta altro che sforzarsi di non fare il loro
gioco, di provare ognuno per se ad essere migliori e diversi, di continuare a
indignarsi contro i furbetti, di continuare a scandalizzarsi per quello che via
via sembra sempre più normale, di insegnare ai nostri figli l'importanza di
certi valori, anche se, come dice Bonatti, sembreremo dei fessi!
Chiudo
questo sfogo con un ricordo di Walter, esempio di etica senza ombre, un
solitario escluso dalla società che rappresentava il suo mondo solo perché
diverso e poco incline ai compromessi.
La parete nord del Cervino affrontata in solitaria invernale |
Inverno
1965, l'ultima scalata impossibile, nel centenario della prima ascensione, la
terribile nord del Cervino, a soli 35 anni, impresa che gli è valsa la medaglia
d'oro al valore civile dal presidente Saragat.
Un uomo solo, piccolo, incorniciato dall'immensità delle montagne. Una croce accanto a lui, simbolo della sofferenza patita per arrivare fin lassù, simbolo della libertà che quell'impresa regala a lui.
Ore 15:00 del 22/02/1965: Walter Bonatti in vetta al Cervino |
Un uomo solo, piccolo, incorniciato dall'immensità delle montagne. Una croce accanto a lui, simbolo della sofferenza patita per arrivare fin lassù, simbolo della libertà che quell'impresa regala a lui.
Assolutamente
da vedere la puntata di Sfide andata in onda su Rai3 il 22 Ottobre 2012:
"Walter Bonatti, Al di là delle nuvole"
si mi sono sempre chiesto perche' Bonatti sia rimasto a vivere in Italia, invece di trasferirsi in Francia dove era altrettanto famoso e non c'erano tutti questi squallidi politicanti del CAI... un po' come fece Leonardo da Vinci... comunque una dimostrazione in piu' che per essere grandi in Italia bisogna essere davvero due volte grandi, altrimenti la corruzione e la maldicenza ti spazzano via
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