Ma perché
dobbiamo continuare ad invidiare gli americani? Perché la nostra classe
dirigente è così palesemente inferiore a quella di quasi tutti gli altri paesi
economicamente rilevanti?
Ma vi rendete
conto che in America qualche giorno fa Tim Cook, amministratore delegato
della Apple, si è presentato alla sottocommissione permanente di inchiesta del
Senato per difendere il colosso di Cupertino dalle accuse di evasione delle
tasse in Usa. Come è andata a finire? Semplice, con una proposta al Congresso volta
ad alleggerire il sistema fiscale.
Quando una
dirigenza imprenditoriale illuminata incontra una dirigenza governativa non
cieca e non stupida, la nostra economia muore... ma la loro esplode!
Per
intendersi Tim Cook è stato invitato dalla Casa Bianca a sedere al fianco della
first lady Michelle Obama in occasione del discorso sullo stato dell'Unione
come rappresentante delle aziende americana e nonostante questo la Apple è
stata messa sotto inchiesta... ve lo immaginate da noi? Avrebbe già avuto sul
libro paga cani e porci!
In breve, dopo
aver sciorinato en passant tutti i
numeri della App Economy (6 miliardi di dollari di tasse al Tesoro americano
nell'anno fiscale 2012, 50.000 dipendenti, indotto di 550.000 posti di lavoro
in altre aziende in campi come l'ingegneria, il manifatturiero, la logistica e
lo sviluppo di software oltre a 290.000 posti di lavoro creati direttamente e
indirettamente), ha ammesso candidamente che "circa il 61% dei ricavi Apple sono arrivati dalle sue attività
internazionali. Nell'ultimo trimestre, due terzi circa dei ricavi di gruppo
sono stati generati all'estero" e che "i ricavi da operazioni internazionali sono tassate rispettando le
leggi dei Paesi dove essi sono guadagnati".
Quindi
l'accusa di elusione di tasse su circa 74 miliardi di dollari generati
all'estero non sussiste in quanto, oltre ad un comportamento impeccabile e
trasparente con i ricavi generati in patria, ha dimostrato di avere fatto
quanto previsto dalla legge. Nessuna scappatoia, solo una logica di commercio e
di equilibrio per sostenere un mercato dove dirette concorrenti hanno regimi di
tassazione inferiori (vedi Samsung!).
Quindi,
poiché "le attuali leggi tributarie
relative alle aziende americane scoraggiano pesantemente l'uso di tali fondi
negli Stati Uniti imponendo un'aliquota del 35% sul rimpatrio" dei
profitti stessi generati Oltreoceano, Apple si guarda bene dal rimpatriare un
tesoretto da oltre 100 miliardi di dollari di contanti.
Apple
chiarisce che "non sposta la sua
proprietà intellettuale in paradisi fiscali offshore usandola per vendere
prodotti negli Stati Uniti per evitare così le tasse americane". E
ancora: "Apple non detiene denaro
alle isole dei Caraibi, non ha un conto bancario alle isole Cayman e non
trasferisce verso altre giurisdizioni ricavi tassabili [derivanti dalle]
vendite ai consumatori americani per evitare la tassazione americana".
Questi sono
comportamenti costruttivi! L'Apple ha proposto un'aliquota del 6%...
In Italia? No,
noi non abbiamo di questi problemi. Da noi portano direttamente i capitali
nostrani nei paradisi fiscali!
La Fiat
Finance è in rue Aldringen in Lussemburgo, così come Ferrari, Italcementi, Merloni,
Franco Tosi, Pirelli e Marcegaglia.... vogliamo continuare? Oppure basta per
rendersi conto di come portare i capitali NOSTRI in un paese che l'Ocse ha qualificato
come paradiso fiscale, ha per loro un indubbio vantaggio e per noi una sonora
fregatura?
E dei 1,5
milioni di dollari al giorno chi i cinesi di Prato, secondo Banca d'Italia,
mandano in Cina che ne diciamo?
Ha già
dimenticavo. NOI siamo stati capaci di fare lo Scudo Fiscale per far rientrare
in maniera anonima i NOSTRI capitali evasi con una tassazione ridicola, senza
sanzioni o almeno mazzate, salvo poi rendersi conto che era poca come
tassazione e provare a richiederne altre e come sempre perdere la faccia e la
fiducia... siamo guidati da indecenti!